Prima di tutto, un ringraziamento di cuore per quegli anni ruggenti vissuti in Curva A ad esplodere per i suoi gol e sognare un grande Napoli. Che oggi è realtà. Nella settimana del Tricolore partenopeo, Emanuele Calaiò si laurea capocannoniere dell’AICS Napoli League 40. Come se non bastassero tutti i cerchi che abbiamo chiuso in quest’annata magica: “Noi abbiamo messo i primi mattoncini – dice l’Arciere , a piccoli passi e vincendo campionati siamo arrivati dalla C alla A. Poi ci sono stati grandi campioni e allenatori e adesso questo capolavoro dello Scudetto. E’ un cerchio che si chiude e magari l’anno prossimo si aprirà un altro ciclo, con un Napoli che punti a vincere anche in Europa. Per me è bellissimo vivere queste emozioni, sto riassaporando momenti fantastici della mia vita”.
Dal San Paolo alla Napoli League, il calcio è sempre la sua vita: “Sono al primo anno con l’AR7, dopo l’esperienza della passata stagione con l’High Tech Dental: anche lì vinsi la classifica capocannonieri. Siamo un bel gruppo, non abbiamo l’assillo di vincere perché ci sono squadre più attrezzate, ci divertiamo e passiamo del tempo di qualità insieme. La coppia con Mendil? Ci troviamo alla grande, io preferisco svariare su tutto il fronte offensivo e lui resta più in area, ha una presenza importante e vede la porta: ci completiamo”. Dalla serie A all’AICS, “tanto già lo so… segna Calaiò”: “Fare gol è sempre bello. Certo, vedere esplodere uno stadio con migliaia di persone è qualcosa di unico, ma per un attaccante ogni rete dà adrenalina ed emozioni. Oggi l’approccio è diverso, gioco per passione, mi alleno e mi piace tenermi in forma: scenderò in campo finché il fisico me lo permetterà. Il calcio per me è tutto: appena appese le scarpette al chiodo ho ricoperto degli incarichi con la Salernitana, poi ho conseguito il diploma da direttore sportivo che mi tornerà utile quando mi verrà proposto un progetto interessante. Per adesso sono impegnato come opinionista per varie trasmissioni e in più svolgo allenamenti individuali con le scuole calcio: sono attività che mi fanno stare bene e mi tengono molto impegnato”.
Impossibile non tornare sul Napoli. Gli azzurri tra qualche ora potrebbero laurearsi campioni d’Italia a Udine, proprio dove arrivò la prima vittoria in A dell’era De Laurentiis. In campo c’erano Lavezzi, Hamsik, Zalayeta, Sosa, De Zerbi e… Calaiò: “Quel giorno vedemmo di che pasta erano fatti calciatori che poi avrebbero fatto la storia del club. Eravamo un mix tra noi della scalata e i giocatori importanti che erano arrivati in estate. C’era un grande gruppo, sentivamo la maglia e lottavamo per lei. Scelsi Napoli perché c’era un progetto serio e vincente: avevo 23 anni, l’anno prima avevo fatto 21 gol in B e avevo tante richieste dalla serie A. Decisi di scendere in C per la grande voglia della società e della città di tornare nel calcio che conta: Napoli mi ha dato tanto, mi ha fatto crescere come persona, e poi in A ci siamo arrivati e anche in altre piazze mi sono tolto tante soddisfazioni”. L’esultanza dell’Arciere resta iconica: “Ero a casa con amici e pensavamo a qualcosa di diverso. All’epoca c’erano Totti con il ciuccio, Toni con la mano all’orecchio, Gilardino con il violino. Volevo anch’io qualcosa che mi caratterizzasse e che magari potesse essere imitato dai bambini, così inventammo quest’inchino e la freccia che viene scoccata nel cuore dei tifosi per condividere l’emozione del gol”. Da lì nacque uno dei primi idoli del nuovo Napoli. Con l’arco e le frecce, come gli indiani, a sfidare i cannoni dei potenti. E quel dardo che, scoccato diciannove anni fa, sta per culminare la propria parabola nel cuore del popolo partenopeo.